Le persone che soffrono di dipendenza affettiva presentano specifiche convinzioni disfunzionali di cui non sempre sono consapevoli. Tra queste la convinzione di non essere degno di amore, di essere inadeguato o sbagliato e che quindi il partner prima o poi lo abbandonerà.
La paura dell’abbandono spinge a mettere in atto comportamenti compiacenti di estremo sacrificio, accudimento e disponibilità nel tentativo di controllare il comportamento dell’altro e rendere la relazione stabile e duratura.
La tendenza stessa a costruire rapporti fortemente sbilanciati e privi di reciprocità, in cui l’altro e i suoi bisogni sono centrali, conduce spesso ad avvicinarsi a persone con specifiche caratteristiche di personalità come egocentrismo, scarsa empatia e anaffettività. Le relazioni con questo tipo di partner portano inevitabilmente a confermare la paura di non essere degni di amore e di venire abbandonati.
La scarsa autostima infatti conduce la persona che soffre di dipendenza affettiva ad interpretare il comportamento dell’altro non come informazione sull’altro (“è un narcisista egocentrico”) ma come informazione su di sé (“non mi ama perché io sono sbagliata”). Ciò comporta un aumento dei comportamenti “sacrificali” nei confronti dell’altro accompagnato dalla costante tendenza a colpevolizzarsi per l’andamento insoddisfacente della relazione.
La rabbia derivante dai torti subiti può momentaneamente spingere chiudere la relazione, tuttavia i sintomi derivanti dalla chiusura della relazione come ansia, depressione, sensazione di vuoto etc.. riportano la persona a giustificare il partner, a perdonarlo e quindi a rientrare nel circolo vizioso di una relazione malata.
Vedremo in seguito come il primo passo dell’intervento psicoterapico consiste nella comprensione del proprio funzionamento e dei propri schemi relazionali. Soltanto in questa maniera è possibile intervenire nella relazione con l’altro.